Domenica 7 Luglio si rinnova l’appuntamento con "Domenica al museo", l’iniziativa del Ministero della Cultura che consente l’ingresso gratuito, ogni prima Domenica del mese, nei musei e nei parchi archeologici statali. Le visite si svolgeranno nei consueti orari di apertura, con accesso su prenotazione dove previsto. 

L'Irpinia aderisce all'iniziativa con il Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino, l'Area archeologica di Conza della Campania, il Tempio Italico di Casalbore e il Parco archeologico di Aeclanum. Una giornata all'insegna della cultura, della storia e della ricchezza archeologica che la provincia di Avellino può offrire. 

Il Parco Archeologico di Compsa è situato in una vasta area collinare presso il fiume Ofanto, occupata fino al 23 novembre 1980 dalla cittadina di Conza della Campania, rasa al suolo dal sisma. Il sito custodisce le rovine di Compsa, l'antica Conza, città che seguì le vicende degli Irpini, una delle quattro tribù dei Sanniti sconfitti dai Romani nella battaglia di Benevento del 275 a.C.. Consegnata ad Annibale da Stazio Trebio durante la seconda guerra punica, fu ripresa da Quinto Fabio Massimo nel 214 a.C. e, in seguito, divenne municipium. Dal VI secolo d.C., Compsa era già sede vescovile e possedeva le chiese di Santa Maria de Foris e San Mauro. Saccheggiata dai Longobardi nel 570 e successivamente annessa al principato di Salerno, la sua storia fu segnata da tantissimi terremoti, tra i quali quello del 25 ottobre 990 che costrinse la popolazione a spostarsi sopra il colle, nei pressi del castello.Dalla metà del Quattrocento, Conza fu amministrata dalla famiglia Gesualdo ma, ormai, aveva già perso l'importanza dei secoli precedenti. Un ennesimo sisma, quello del 23 novembre 1980, ha provocato la distruzione del centro abitato preesistente e fatto emergere, a distanza di qualche anno, l’esistenza di reperti archeologici di rilevante valore. In seguito all’intensa campagna di scavo effettuata, a partire dal 1981, dal prof. Werner Johannowsky, sono emersi il foro, l'anfiteatro, le terme, l'antica cattedrale e la colonna-stemma, oltre a una serie di reperti di vario genere, quali epigrafi, sarcofagi e mosaici, alcuni dei quali risalenti perfino all'Età del Ferro e sistemati in un museo allestito in un edificio ristrutturato all'interno dell'area. Il Parco, inoltre, cerca di preservare anche la memoria storica del terremoto del 1980: alcune case sventrate dal sisma sono ancora visibili, assieme alle maioliche dei bagni e agli arredi domestici. Nel 1988, tutto il centro storico è stato sottoposto a vincolo archeologico e nel 2003 è stato, finalmente, inaugurato il "Parco Storico e Archeologico di Compsa". L’importanza dell’antica Compsa deriva dalla stessa definizione di "parco archeologico", ovvero: «una struttura atta a valorizzare un’area limitata con presenze archeologiche di rilevante valore creata e organizzata sia per la conservazione dei beni contenuti sia per la tutela del sito e del territorio con le sue principali caratteristiche storico-architettoniche-ambientali». Frutto di un intenso progetto di scavo, restauro e valorizzazione, il Parco Archeologico di Compsa ha riportato alla luce una complessa stratificazione edilizia che rappresenta il palinsesto di oltre duemila anni di storia.

Il Parco Archeologico di Aeclanum è un luogo di interesse storico-archeologico situato nella frazione Passo di Mirabella, nel comune di Mirabella Eclano.Il sito si affaccia sulla Via Appia, la cosiddetta "Regina Viarum", la strada che collegava Roma a Brindisi, sul cui tratto compreso tra Benevento e Mirabella Eclano sono ancora visibili i resti dell’imponente ponte noto come “ponte rotto”. Il parco archeologico è legato, ovviamente, alle vicende di Aeclanum, fondata dalla tribù sannita degli Irpini, intorno alla fine del III secolo a.C.. Secondo lo storico Appiano, la sua prima fortificazione era in legno e fu incendiata dal dittatore Silla nell’89 a.C. durante la guerra sociale contro Mario. In seguito, verso l’87 a.C., la cinta fu ricostruita contestualmente all’istituzione del municipium con diritto di voto e all’iscrizione alla tribù Cornelia. Il suo declino è collegato all’arrivo dei Longobardi nel 570 e fu definitivamente distrutta nel 662 dall’imperatore Costante II di Bisanzio, diretto all'assedio della longobarda Benevento. Nella prima metà del Novecento, furono eseguiti i primi scavi archeologici che misero in luce i resti e le tracce di costruzioni risalenti al periodo imperiale. Oggi all'interno del Parco Archeologico di Aeclanum, in un'area di circa 18 ettari, sono custoditi i resti della città romana: le terme pubbliche, situate su una piccola altura, la piazza del mercato coperto (macellum), alcune abitazioni e botteghe. Sono visibili, inoltre, tracce della fortificazione, costituita da mura alte circa 10 metri, realizzate in opus reticulatum composto da prismi di travertino e interrotte da almeno tre porte e torri di diversa grandezza. Sempre all’età tardo-antica, infine, risale la costruzione di una basilica paleocristiana, i cui resti ancora in vista risalgono all’età dell’imperatore Giustiniano e lasciano presagire la presenza di un fonte battesimale con pianta a croce greca e scalini per il rito a immersione. Sito di incommensurabile importanza storica e archeologica, il Parco Archeologico di Aeclanum testimonia la civiltà e la cultura di un centro abitato di notevole rilevanza strategica in epoca classica.

All'interno del centro abitato di Casalbore (AV), in località Macchia Porcara, presso una sorgente situata a valle del tratturo Pescasseroli-Candela, negli anni ottanta è stato portato alla luce un tempietto sannitico, l'unico del genere rinvenuto in Irpinia. Databile al III sec. a.C., conserva tracce di un’area votiva più antica, databile al VI sec. a.C.. Il tempio esastilo (a sei colonne), riferibile ad una tipologia molto diffusa in ambiente medio italico, presenta una cella quasi quadrata tra due ali aperte; i muri della cella proseguono fino alla fronte e terminano con ante, tra le quali restano le tracce delle colonne. Nell’area antistante al tempio, ai lati dell’altare sono emersi i resti di un portico. La gradinata di accesso al tempio presenta ai lati due ampie vasche con fontane, alimentate dalla vicina sorgente. I pavimenti erano in cocciopesto con tessere in pietra calcarea e le pareti dipinte in primo stile (strutturale). Dall’analisi dei depositi votivi si presume che il santuario fosse dedicato alla dea Mefite, divinità italica legata alle acque, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile.  A differenza del più noto ed importante santuario dedicato a tale divinità, nella Valle d’Ansanto, che resta attivo fino alla prima età imperiale, il tempio di Casalbore viene distrutto nel corso delle guerre annibaliche (215 a.C.).

Il Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino è situato all'interno di Palazzo Forte e ospita oltre 250 oggetti di vario tipo che testimoniano le vicende di un’antica arte, molto diffusa nel Tricolle. La raccolta di maioliche custodite ripercorre un arco temporale che va dal XIV secolo ai giorni nostri. Accanto a tale repertorio si trovano oggetti in ceramica databili tra il IX e il XIII secolo, provenienti da sporadici ritrovamenti e da scavi condotti nelle zone limitrofe. Frutto di maestri lontani dalle mode e dalle correnti pittoriche, le ceramiche arianesi raccontano, con poche semplici pennellate, gli usi, i costumi, le abitudini e i valori di un popolo e del suo territorio. Per secoli, i “mastri” ceramisti arianesi hanno forgiato brocche, piatti, fiasche e boccali dai colori solari e inconfondibili nel loro genere. Degna di essere menzionata è la collezione di oggetti risalenti al Settecento, secolo d'oro della ceramica arianese. Appartenenti a tale periodo storico, sono attestate ben 11 fornaci e circa 29 artigiani con diverse mansioni: faenzari, cretai, rovagnari e stovigliai. I settecenteschi maiolicari arianesi produssero originali modelli decorativi, tra cui lucerne antropomorfe e zoomorfe, brocche e fiasche a segreto, estrose saliere, scaldamani a foggia di scarpetta, grandi piatti e piatti devozionali, diversi dei quali giunti fino ai nostri giorni. Autentico polo didattico e scientifico, il Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino è il luogo in cui acqua, fuoco, terra e aria si uniscono ai colori e alla maestria dei ceramisti arianesi.

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