Al Cinema Partenio, continua la programmazione dello Zia Lidia, giovedì 28 marzo alle ore 20:30 il regista Mino Capuano incontra il pubblico in sala per presentare "Quanno chiove", un film costruito nel tempo, e che in qualche modo ne riflette gli umori, tentativo di riallacciarsi a un minimalismo dei gesti, ma anche dei sentimenti, che è proprio della produzione giapponese. 

Unico titolo ancora inedito ospitato in “Bimbi Belli”, la tradizionale rassegna che Nanni Moretti e il Nuovo Sacher dedicano alle opere prime.

"Quanno chiove" (questo il titolo del film)  fa infatti tornare la mente a Pino Daniele (“E aspiette che chiove, l’acqua te ‘nfonne e va, tanto l’aria s’adda cagna. Ma po’ quanno chiove l’acqua te ‘nfonne e va, tanto l’aria s’adda cagna”) con la sua umbratile percezione dell’umano, dell’andirivieni dei sentimenti, della perdizione di sé nei confronti dell’altro, Capuano compone un poemetto in tre versi, e fa in modo che piovano le immagini.

Immagini che piovono non tanto nella loro epidermica rappresentazione dell’acquazzone, su cui il film si apre e si chiude, e che torna a più riprese, ma nella solitudine quasi insondabile dei suoi protagonisti. Come stesse mettendo in scena le variabili del ciclo dell’acqua, Capuano passa dalla pioggerella all’acquazzone, dal temporale alla burrasca, dall’acquerugiola all’annaffiata; lo fa per seguire il saliscendi emotivo dei suoi personaggi, persi nella loro incapacità di relazionarsi con il mondo, e ancor più col tempo. Persi nella memoria, di se stessi e di ciò che più non è, o forse più non sarà.

Quanno chiove, che è l’unico film inedito a far parte della quindicesima edizione di “Bimbi Belli” (gli altri sono tutti usciti in sala, da Re Granchio a Californie, da Piccolo corpo a Maternal, da Il legionario a Settembre), non può che ragionare sul tempo, perché sul tempo, sulla sua percezione e sul modo in cui interviene nelle cose umane è letteralmente costruito. 

La tripartizione del racconto, segmentato in tre parti del tutto distinte tra loro, è il frutto di una produzione che si è sviluppata nel corso degli anni. 

A’mbriana, Appocundria, e Alleria, questi i titoli dal vago sentore misterico che rimandano ancora a Pino Daniele e in generale ovviamente al “sentire” napoletano nel suo complesso – Capuano è originario di Marcianise, in provincia di Caserta –, che rappresentano con la loro stessa esistenza il percorso di formazione del giovane regista, ancora alle prese con una autoproduzione dura e pura all’inizio per poi costruire un set che abbia il sentore del “lavoro” durante l’esperienza da studente al Centro Sperimentale di Cinematografia. 

Così come all’interno del film sembra articolarsi un discorso sulle età della vita e le loro inevitabile e congenite nostalgie (c’è il giovane Cris che deve trasferirsi a Milano “abbandonando” così il padre; i fratelli Mimmo, Desio, e Diego impegnati nel tentativo di vendere la casa di famiglia; Margherita e Sombrero che si ritrovano dopo trent’anni e ricordano l’amore che vissero insieme), allo stesso modo si ha la netta percezione che la consapevolezza della messa in scena di Capuano sia mutata nel corso del tempo, levigata forse dalla pioggia che incessante colpisce tutti o che arriva “dopo tre mesi di siccità”. 

Capuano “cresce” insieme alle sue storie, ne comprende progressivamente il senso con maggiore accuratezza, sceglie traiettorie di regia sempre più nette, quasi stesse radicalizzando il proprio sguardo, alla ricerca dell’inquadratura che sappia condensare al proprio interno tanto la tensione verso il futuro quanto il ricordo fuggevole e dolcemente dolorosissimo della perdita del passato.

Il musicista Luis Di Gennaro, torna allo ZiaLidiaSocialClub, per offrire una performance musicale dedicata a Pino Daniele.

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