"Saint Omer" è il nuovo film di Alice Diop, regista francese di quaranta tre anni, documentarista di origini senegalesi al suo primo lungometraggio di finzione. Presentato in concorso al Festival di Venezia 2022, è arrivato l'8 dicembre nelle nostre sale, grazie alla distribuzione di Minerva Pictures, candidato al Leone d’Argento per la tematica trattata: "l'infanticidio" e al Leone del Futuro "De Laurentiis" per l'opera prima.
Saint Omer è anche il film che la Francia ha candidato agli Oscar 2023 perché è un colpo al cuore che non può lasciare indifferenti e dal quale emergono i problemi irrisolti delle figlie di madri migranti e il peso dell'esilio.
Lo Zia Lidia Social Club, per il secondo appuntamento con il Miglior Cinema e con la Nuova Stagione delle Visioni 2023 ci propone la visione di questo film "Saint Omer" lunedì 23 gennaio 2023 alle ore 20:00, presso il Movieplex di Mercogliano. Introduce il film Andrea De Vinco, Film & TV Writer dell'Ufficio Stampa della Cineteca di Bologna, che ha intervistato la regista Alice Diop.
"Saint Omer" è un film di genere drammatico del 2022, durata 122 minuti, diretto da Alice Diop, con Kayije Kagame, Guslagie Malanga, Valérie Dréville e Aurelia Petit. Prende il nome da una cittadina nel Dipartimento di Calais in cui si svolse il processo per infanticidio e il film parte dalla cronaca di questo processo del 2016, a cui la regista ha assistito, imputata una studentessa di origini senegalesi che aveva commesso il più efferato dei crimini: aveva affogato sua figlia abbandonandola nelle onde dell'Oceano.
Cosa aspettarsi
Il film nato da un’intuizione si trasforma ben presto, per la regista, in un’ossessione. "Non devo mai dire a me stessa quanto interessante sia un argomento", ha scherzato Diop. Per Saint Omer l’ossessione nasce da una fotografia pubblicata su Le Monde nel 2015. È un’immagine in bianco e nero, scattata da una telecamera di sorveglianza. Ritrae una donna di colore, in una stazione parigina, la Gare du Nord, che spinge una carrozzina con una bambina di razza mista. Guardando lo scatto, la regista ha subito pensato che la donna fosse senegalese.
Due giorni prima dello scatto della foto, il corpo di una neonata era stato trovato a Berck-sur-Mer, spinto dalle onde, alle sei del mattino. Nessuno sapeva chi fosse quella bambina. Giornalisti e autorità credevano che ci fosse stato al largo qualche naufragio di migranti. Gli investigatori hanno poi trovato un passeggino abbandonato in un boschetto nelle vicinanze. Studiando i filmati delle telecamere hanno rintracciato la donna. "Ho continuato a guardare la foto - racconta la regista -Sapevo che era senegalese, che avevamo la stessa età e che in qualche modo la conoscevo perché mi riconoscevo in lei. Ed è così che è iniziata la mia ossessione per questa storia".
Alice Diop lavora sui verbali del processo e indaga sull'idea stessa di maternità costruendo un gioco di specchi tra l'imputata Rama (Kayije Kagame, nel film) e una scrittrice che assiste al dibattimento (Guslagie Malanda), in cerca di spunti sul Mito di Medea, su cui sta lavorando. La scrittrice, incinta di quattro mesi, all'inizio del film ha appena tenuto una lezione su Marguerite Duras e stralci del film di Pasolini con la Callas corredano il racconto. La riflessione suggerita dal film è sconvolgente perché è a più livelli, intersecati tra loro: l'identità razziale, che in Francia rende 'invisibili', il rapporto punitivo con un francese anziano, la depressione e il richiamo alla cultura ancestrale come scusante per un gesto estremo, vero tabù etico e culturale.
"Non avrei mai fatto un film su un infanticidio se non fossi stata folgorata da questa donna in particolare - dice Alice Diop - e dal suo modo di raccontare la sua storia, che suggeriva implicazioni psicanalitiche, mitologiche e tragiche sul tema chiave della maternità. Mi aveva colpito il primo resoconto di una giornalista di Le Monde, che riferiva la tesi della ragazza: 'Ho restituito mia figlia al mare'. Mare, in francese, si pronuncia mère, come madre. Non ha mai detto: 'Ho annegato mia figlia' ".
La Trama
Il film è, difatti, la trasposizione cinematografica della storia di questa madre nera, Fabienne Kabou, che ha ucciso la sua figlioletta di 15 mesi, abbandonandola su una spiaggia in Francia con l’alta marea, partendo dal suo processo e dall'idea che la donna avesse voluto offrire la figlia al "mare", una "madre" ben più potente di quanto non potesse esserlo lei stessa. Ispirata da questa storia vera e spinta da un’immaginazione incredibile, Alice Diop ha scritto e voluto girare questo film "per sondare l’indicibile mistero di essere madre". Ma il film è anche la storia di una giovane scrittrice che assiste al processo di questa madre infanticida, con lo scopo di scrivere una rivisitazione contemporanea del mito di Medea. Ma nulla procederà come aveva previsto: l’impenetrabilità dell’accusata porterà la giovane madre e scrittrice a riflettere sulla sua stessa ambiguità nei confronti della maternità. Due donne, la prima una moderna Medea, la seconda futura madre, incinta di quattro mesi, alla quale il dibattimento fa emergere paure e ricordi infantili dolorosi legati al rapporto con la mamma.
Intrecciati al mistero dell'infanticidio e alla ricerca incessante della verità, nel film ci sono anche i temi del maschilismo (che ha l'aspetto rassicurante di un bianco borghese di mezza età), del razzismo (dei singoli e della società), della salute mentale, persino della stregoneria. Che cosa è davvero successo a Saint Omer? C'è una responsabilità collettiva oltre che una colpa individuale? Le risposte non ci sono, restano solo le inquadrature fisse volute dalla regista e la forza delle parole pronunciate durante quel processo.
I riferimenti letterari a cui si è ispirata Diop, vanno da A sangue freddo di Truman Capote a L’avversario di Emanuel Carrère, a un testo di André Gide, Ricordi della Corte d’Assise. Per quanto riguarda i riferimenti cinematografici sicuramente Le Giovanna d’Arco di Bresson e di Dreyer per la fissità dell’inquadratura, ma anche 10e chambre, instants d’audience di Raymond Depardon e Il processo di Viviane Amsalem di Shlomi e Ronit Elkabetz, film assolutamente recente, ma che ancora una volta, per il rigore dell’inquadratura, delle sequenze, per la purezza e la sobrietà dell’inquadratura processuale, rimanda nella sua teatralità e tragicità al mondo del cinema contemporaneo.
Lunedì 23 gennaio 2023 alle ore 20:00, al Movieplex di Mercogliano, secondo appuntamento con il Miglior Cinema e con la Nuova Stagione dello Zia Lidia Social Club. Introduce il film "Saint Omer" Andrea De Vinco
LUN
dalle 20:00
Biglietto Euro 4,00 per i soci dello zlsc; Euro 5,00 per tutti
Mercogliano
Piazza Municipio, 1, 83013 Mercogliano AV, Italia
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