Le dieci esperienze proposte permetteranno di vivere l’Irpinia in maniera personale e flessibile attraversando vigneti, borghi e tornanti, soffermandosi a contemplare i paesaggi e scoprendo le tradizioni e la vita locale:

  1. Visitare i Castelli Irpini
  2. Escursione alle cascate della lavandaia a Montella
  3. La Via Ferrata di Volturara Irpina
  4. Il percorso delle sette fontane di Caposele
  5. Mangiare il caciocavallo podolico e il pecorino di carmasciano
  6. Scoprire la vita contadina nel Museo Etnografico di Aquilonia
  7. Scoprire i misteri di Mefite
  8. Scoprire il carcere borbonico di Montefusco “lo Spielberg d’Irpinia”
  9. Percorrere l’Appia e l’Appia Traiana, Patrimonio Unesco
  10. Visitare i borghi fantasma

 

 

1. Visitare i castelli irpini

L’Irpinia terra di castelli, vanta una delle più alte concentrazioni di castelli e fortificazioni in Italia che testimoniano un ricco passato storico e offrono un affascinante viaggio nel tempo, tra storia, arte e cultura. I Castelli Irpini sono sorti nel Medioevo, sono sopravvissuti a diverse epoche storiche, portando i segni di battaglie, saccheggi ed estenuanti difese. Entrando in queste dimore sembra ancora di sentire l'eco della musica che accompagnava le feste mondane e la creatività che ha visto passare poeti ed artisti che esprimevano la loro arte a corte. Tra i Castelli da non perdere:

Castello Lancellotti

A Lauro, piccolo paese della bassa Irpinia, si trova uno dei castelli piu’ belli del territorio, il Castello Lancellotti.

Completamente ricostruito nel 1870 ad opera del principe Filippo Lancellotti, dopo essere stato dato alle fiamme dai repubblicani francesi nel 1799, il Castello si presenta come un maniero in cui convivono un connubio di elementi in stile gotico, rinascimentale e barocco.

Si caratterizza per le torri quadrangolari e le spesse mura con merlature guelfe su cui si aprono diverse porte di accesso, fra le quali il portale rinascimentale a bugnato. Al suo interno, dalla Sala del Plastico alla Scuderia, in cui sono esposte carrozze del XVIII e del XIX secolo, nonché un meraviglioso cavallo in legno, dagli ambienti privati e di rappresentanza, come la Sala da Pranzo con il soffitto a cassettoni, la Sala d'Armi, con uno splendido lampadario in cui sono esposte lance, corazze, alabarde ed elmi, il Salone Rosso che conserva oggetti farmaceutici di origine siriana, la Sala del Biliardo con un tavolo della fine del 1800 e la Biblioteca, con oltre mille opere, fra le quali libri cinquecenteschi e seicenteschi.

L’esterno, invece, si contraddistingue per i due cortili, in uno dei quali vi è una fontana realizzata con materiali architettonici di epoca romana, ed un giardino all'italiana.

Castello di San Barbato

Nel piccolo borgo di San Barbato nel comune di Manocalzati, arroccato sul colle che domina il piccolo borgo, sorge il Castello di San Barbato, edificato dai Longobardi qui insediati.

Il Castello di San Barbato si presenta oggi con le fattezze di una fortezza aragonese del Quattrocento, pur conservando alcuni tratti tipici del periodo longobardo. La struttura si articola in un semplice e basso edificio quadrangolare, con torri angolari poste ai vertici del corpo di fabbrica centrale, che racchiude il cortile interno, con scala aperta nello spazio della corte. Si caratterizza per avere torri diverse tra loro: le due torri sul lato meridionale sono di forma circolare e scarpata, mentre le altre due, poste sul lato settentrionale, hanno una forma planimetrica a punta.

Dal portale d'ingresso, posto in cima ad un'alta gradinata, si accede alla corte centrale, sulla quale si affacciano tutti gli ambienti del piano terreno coperti da grandi volte a botte.

Castello della Leonessa

Nel centro storico di un altro paese irpino, Montemiletto, si trova uno dei complessi medioevali meglio conservati nella provincia di Avellino, il simbolo per eccellenza ed antonomasia di questo piccolo ed accogliente paese: il Castello della Leonessa di Montemiletto che prende il nome dalla omonima famiglia nobiliare.

Opera longobarda, dal gusto tardo-rinascimentale, che si erge fiero ed incantevole con le sue alte mura in pietra e le sue torri merlate angolari a pianta circolare, venne edificato dai Longobardi come innesto sulle mura laterizie di una costruzione romana e, in seguito, ricostruito dai Normanni nel XII secolo.

Castello Marchionale di Taurasi

Immergendosi sempre nel cuore dell’Irpinia, nella madre patria del “Taurasi DOCG" si può ammirare il Castello Marchionale di Taurasi, fortezza che affonda le sue origini nel X secolo, quando fu distrutto da milizie saracene e ricostruito dai dominatori Normanni. Nel 1381 giunse a Giacomo Filangieri, nel 1420 al conte di Avellino Sergianni Caracciolo. Agli inizi del Seicento, venne trasformato in un palazzo gentilizio, oltre ad essere stato dimora di figure illustri, quali Torquato Tasso, Eleonora d’Este e Carlo Gesualdo.

Il castello si caratterizza per una bellissima scalinata elicoidale in pietra che dà l’accesso alla sommità del castello da dove si può ammirare un vero e proprio ritratto della valle sottostante del Taurasi.

 Castello di Gesualdo

Il castello di Gesualdo, risalente all’epoca medievale, sorge in uno dei borghi più belli d’Italia, su un colle che domina l'ampia valle del fiume Calore ed è uno dei manieri più importanti di Irpinia.

Per secoli fulcro del potere dei vasti possedimenti della Famiglia Gesualdo e, con l'avvento del Principe di Venosa Carlo Gesualdo, sede di una illuminata e sfarzosa corte musicale, è considerato tra i monumenti più significativi della Storia dell'Irpinia e della Campania.

Castello dei Principi Grimaldi

Monteverde, ha sede una delle dimore dei principi Grimaldi, l’omonimo castello dei Principi Grimaldi. D’impianto aragonese, il castello si presenta agli occhi del visitatore con l’originaria forma trapezoidale che, nel corso dell’epoca medioevale, fu completata con l’aggiunta di quattro torri angolari, di cui due cilindriche e due quadrate.

Grazie ad una pergamena risalente all’897, si scoprono le prime notizie circa l’esistenza di un edificio fortificato edificato dai Longobardi che, nel corso degli anni, è stato residenza della famiglia Orsini, di Roberto il Guiscardo, Goffredo conte di Andria e nel 1532 del principe di Monaco Onorato Grimaldi, da cui deriva il nome dell’edificio. Il castello, assieme al territorio di Monteverde e altri feudi, fu donato, nel 1532, dall’imperatore a Onorato I Grimaldi, principe di Monaco, in cambio della fedeltà sua e dei suoi successori.

Castello dei Susanna

Zungoli, altra perla nel cuore della provincia verde campana, emerge il Castello dei Susanna.

Da origini normanno-sveve del XI secolo come luogo di difesa dagli attacchi delle truppe bizantine, dal 1240 il Castello è appartenuto a numerosi signori, tra cui Ugone de Luca, il capitano Consalvo Fernandes de Cordova e il re di Spagna Carlo III. Nel XIX secolo il castello venne trasformato in residenza gentilizia.

Nel 1800, il Castello fu ceduto dai Loffredo alla famiglia Susanna, che ne è ancora oggi proprietaria e il cui stemma è dipinto sulla volta a botte che si trova nell'androne.

Oggi, il Castello dei Susanna si presenta come simbolo storico della comunità zungolese e come un'esperienza unica di vita vissuta da persone che hanno amato, e che continuano tuttora ad amare, questo bellissimo e suggestivo borgo d'Irpinia.

Castello ducale di Bisaccia

In alta Irpinia si trova il Castello di Bisaccia costruito dai Longobardi intorno alla metà dell’VIII secolo come rocca di controllo e difesa con la funzione di proteggere i territori. Questa dimora ha avuto ospiti di prestigio come Federico II di Svevia, che ne fece la sua dimora di caccia e Torquato Tasso che vi soggiornò nel 1588. Bellissimo il loggiato dal quale la vista domina l’intera valle sottostante. Al suo interno, ospita il Museo Civico Archeologico, che conserva vari reperti, tra cui la tomba della Principessa, riferibile all’età del Ferro (fine IX-VII secolo a.C.) rilevante per il prezioso corredo di vasi di pregio, gioielli e altro, rinvenuti in un recinto ben delimitato di pietre, a indicare la presenza, al suo interno, di un personaggio di alto rango.

 

 

2. Escursione alle cascate della lavandaia Montella

Il paesaggio verde d’Irpinia è caratterizzato anche da limpide e imponenti cascate di cui una tra le piu’ belle e suggestive si trova a Montella e deve il nome ad un antica leggenda che racconta di una bella lavandaia, sedotta da un nobile locale e poi, rimasta incinta, annegata nelle vicinanze del ponte dal seduttore stesso. La Cascata della Lavandaia sorge ai piedi del Santissimo Salvatore, monte sacro sulla cui cima sorge l’omonimo Santuario, in un paesaggio da fiaba, caratterizzato da una folta vegetazione e dall’omonimo ponte, risalente addirittura al I secolo a.C. Negli anni, è stata sottoposta a lavoro di rifacimento fino ad arrivare nel XV secolo quando la sua funzione principale divenne quella di alimentare il vecchio mulino fortemente voluto dai montellesi e che è rimasto attivo fino agli anni cinquanta del secolo scorso. 

 

3.La Via Ferrata di Volturara Irpina

Sulla parete ovest del Monte Costa, prima via ferrata certificata in Campania, installata nel 2019. Presenta tre percorsi con difficoltà facile, modestamente difficile ed estremamente difficile. Presente anche una falesia con vie multi pitch, è una destinazione perfetta per gli amanti di questo tipo di sport e delle arrampicate in genere. Il percorso offre diverse difficoltà:
– Percorso Azzurro (Variante del Bosco): Facile, attraversa il bosco con tratti esposti ma ben appigliati, terminando su una cresta panoramica.
– Percorso Rosso (Ferrata Maroia): Difficile, con tratti verticali e passaggi atletici, ideale per gli appassionati più esperti.
– Percorso Nero (Variante del Mulo): Estremamente difficile, con sezioni strapiombanti e passaggi tecnici che richiedono forza e precisione.

 

4.L’ anello delle 7 Fontane di Caposele

Questo percorso si sviluppa nel cuore verde ed autentico dell’Irpinia ed è un itinerario CAI (Club Alpino Italiano) che, nella sua versione più completa, risulta essere un anello di circa 18 km con un dislivello di 980 metri, anche se esistono percorsi più brevi. Questo percorso naturalistico attraversa boschi di faggete e abeti regalando una vista a 360 gradi su tutta l’Irpinia. Il tracciato collega tra loro le storiche fontane che dalla catena del Cervialto, che con i suoi 1809 metri di altitudine rappresenta una delle cime più elevate della Campania, raccolgono le acque che danno vita allo storico acquedotto Pugliese, realizzato agli inizi del ‘900 e definito dal poeta Giuseppe Ungaretti l’opera ingegneristica di cui il mondo non conosce eguale” restando ancora oggi uno dei più lunghi al mondo.

 

5. Mangiare il caciocavallo di podolica e assaggiare il pecorino Carmasciano

L’Irpinia è una terra di sapori autentici, custode antica di vini pregiati e specialità gastronomiche ricche di gusto. Un luogo incantevole dove sedersi in silenzio per ammirare la sua anima più vera. L'anima di una terra dove per secoli la natura ha scandito i ritmi del tempo, lasciandoci in eredità un patrimonio agroalimentare immenso. Uno dei prodotti di eccellenza che appartiene alla storia del territorio irpino è il 

“Caciocavallo Podolico”, punta di diamante della produzione casearia irpina, che è stato inserito nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali. Questo particolare formaggio viene prodotto da latte bovino di razza podolica.  L'area di produzione del caciocavallo è collocata nell'alta Irpinia, lungo la dorsale dei monti Picentini che da Montella va verso la Lucania. Ce ne sono di diversi tipi, per esempio il caciocavallo podolico, ottenuto da latte di razza podolica, una razza bovina allevata allo stato brado. A Zungoli viene stagionato dai 4 ai 9 mesi nelle tradizionali grotte di tufo.

Per gustare tutto il sapore dell'Irpinia bisogna però anche assaggiare almeno una volta il pecorino Carmasciano dal sapore unico che conquista anche i palati più esigenti e che viene ancora prodotto nelle cascine come si faceva una volta. Carmasciano è una piccola area di pascolo che si estende per un raggio di circa quattro km nella valle d’Ansanto, nel cuore dell’Alta Irpinia, citata anche da Virgilio nell’Eneide come una terra incantata. La valle è caratterizzata dalla presenza della Mefite di Rocca San Felice, un lago di origine sulfurea alimentato da pozze solforose, che ribolle a seguito delle emissioni di gas provenienti dal sottosuolo. Lo zolfo emanato dalle acque caratterizza le essenze foraggiere dell’area, che a loro volta conferiscono al latte un sapore molto particolare e complesso.

 

6. Scoprire la vita contadina nel Museo Etnografico di Aquilonia

Il Museo Etnografico di Aquilonia, nel suo genere, è tra i più articolati, organici e completi d’Italia: non vi è aspetto, anche minimo, dell’esistenza della comunità e civiltà contadina di una volta che non vi sia rappresentato e rigorosamente documentato. Visitare questo museo vuol dire fare una vera e propria esperienza di viaggio nella storia, all'epoca in cui si viveva di cose semplici e la manualità era la risorsa più importante. Il museo si compone di circa 13000 oggetti donati negli anni dagli stessi cittadini che condividono in tal modo le loro origini e la loro cultura identitaria; pertanto, il museo è in continua rielaborazione. Nel museo si può trovare davvero di tutto, dal falegname al ciabattino, dal veterinario alla classe di una scuola, dal barbiere ad una vera abitazione contadina riprodotto così come era allora, con la culla appesa al soffitto ed il cibo guadagnato con il sudore dei contadini. L’aspetto interessante è che il museo si basa sulla logica della donazione e di conseguenza l’allestimento è in continua evoluzione, vale a dire che gli stessi cittadini hanno donato e continuano a donare oggetti che avevano nelle loro case, poiché hanno capito l’importanza di condividere il proprio passato con tutta la comunità e soprattutto con le nuove generazioni. Una volta finita la visita si può anche portare a casa un pezzo del museo, come i giocattoli di un tempo reinterpretati e realizzati dai nonni del paese.

 

7. Scoprire i misteri di Mefite

Il geosito della Mefite è un raro fenomeno geologico di esalazioni gassose in una terra non vulcanica ma anche luogo sacro sin dal VII sec.a.c. legato al culto della dea Mefite, denominazione derivante dalla lingua osca parlata dagli Irpini i quali chiedevano alla dea ricchezza e protezione venerata da quasi tutte le antiche popolazioni dell’Italia Meridionale per la fertilità delle donne e dei campi. Mefite ovvero etimologicamente “colei che sta in mezzo” era la divinità che presenzia ai dualismi come vita e morte, il giorno e la notte, il regno dei vivi e l’oltretomba. Nel libro settimo dell’Eneide, versi 563-565, Virgilio scrive della Valle D’Ansanto proprio come il luogo di passaggio dalla terra agli inferi. Oltre a Virgilio, ci sono altre testimonianze di autori latini che sottolineano l’atmosfera infernale del luogo, come Cicerone, secondo il quale la mefite era la bocca dell’inferno.

 

 

8. Scoprire il Carcere Borbonico di Montefusco:“lo Spielberg d’Irpinia”

Alle origini il castello fondato dai Longobardi fu presidio delle strade che conducevano a Benevento, solo in seguito divenne sede del tribunale per volere degli Aragonesi svolgendo un ruolo cruciale nell’amministrazione della giustizia. Dal XV secolo i sotterranei del Castello furono adibiti a carcere giudiziario e tali e tante furono le storie spaventose dei maltrattamenti inferti i prigionieri e la cattiva fama delle prigioni di Montefusco da guadagnarsi sin da subito la fama di carcere piu’ duro. Gli uomini che finirono in quel carcere patirono sofferenze inusitate e torture atroci, tali da soprannominarlo lo “Spielberg dell’Irpinia”, mutuando il nome del carcere austriaco di Brno, in cui finì Silvio Pellico. Le celle del carcere erano buie e umide, e l’aria così fetida che d’estate chi risiedeva nei piani superiori del castello doveva trasferirsi altrove, tanto era intenso il cattivo odore che saliva dal basso .Quando Ferdinando II di Borbone, preoccupato che le istanze unitarie caldeggiate da Cavour potessero attrarre le menti più brillanti del suo Regno, attuò una ferocissima e sanguinosa repressione, i dissidenti politici catturati vennero portati proprio  nel carcere di Montefusco in modo da renderli inoffensivi. Quali pene subissero i detenuti politici all’interno di quel carcere è testimoniato da alcune frasi ritrovate incise sulle imposte di legno: “Proverbio non fallisce che né carceri né galere cacciano fuori uomini da bene”. Molti furono i patrioti che finirono in quella prigione borbonica. Diversi furono i patrioti che finirono in quelle carceri. Il barone Nicola Nisco, Carlo Poerio, già Ministro di Ferdinando II e Michele Pironti, furono rinchiusi a Montefusco fino al 1859, quando l’ergastolo fu tramutato in esilio. E hanno documentato la violenza e le umiliazioni subite durante la detenzione: perquisizioni quotidiane, mancanza di letti, nessuna speranza di privacy, spazi ristretti, poca luce, punizioni corporali. Dal 1928 è monumento nazionale.

 

9. Visitare i borghi fantasma

 Esplorare i resti di borghi abbandonati regala un'esperienza suggestiva che offre uno spaccato di storia sospesa nel tempo. Tra vicoli dimenticati, resti di case e antichi palazzetti si può rivivere un’atmosfera surreale.

  • Carbonara (Aquilonia) abbandonata nel 1930 dopo un violento terremoto, oggi è un luogo fantasma: strade sconnesse, muri screpolati, silenzio. Un intero paese rimasto com’era all’inizio del Novecento.
  • Melito Irpino, un tempo fiorente centro agricolo della Campania, oggi si presenta come una delle città fantasma più suggestive della regione. Questo borgo, situato in provincia di Avellino, è stato abbandonato in seguito ad alcuni terremoti. Nonostante l'abbandono e la demolizione di gran parte del borgo, Melito Irpino custodisce ancora tesori di valore storico e culturale. Tra le rovine si possono la Chiesa di Sant’Egidio e l’antico castello.
  • Conza della Campania abbandonato nel 1980 quando il terremoto dell'Irpinia devastò l'area costringendo gli abitanti a lasciare le loro case e a spostarsi in una nuova località. Il vecchio borgo, ormai spopolato, si è trasformato in un luogo sospeso nel tempo, dove è ancora possibile vedere parte dell’arredamento nelle case.

 

10. Camminare sull’Appia e sull’Appia Traiana Patrimonio Unesco

Sono tredici i comuni della provincia di Avellino attraversati dalla Via Appia, la piu’ nota delle infrastrutture viarie antiche che collegava Roma “Caput Mundi” al sud della nostra penisola e ai porti verso l’Africa e l’Oriente, inserita, il 27 luglio 2024, nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO. Questo percorso storico-archeologico sul tratto irpino dell’Appia Regina Viarum attraversa borghi, ponti e resti antichi, offrendo un'immersione nella storia e nei paesaggi del territorio ed è il modo migliore per "camminare sull'Appia" fisicamente. Anche il tratto fatto costruire da Traiano nel 109 d.c. come variante di quello originario, è stato inserito nella Lista dell’Unesco. Oggi, entrambe le vie, l’Appia e l’Appia Traiana, sono interamente percorribili in bicicletta, per un viaggio nel fascino della storia. Un’esperienza completa quindi da affrontare anche a piedi con lo zaino in spalla o in bici con il portapacchi e le borse, da Ponte Rotto (Ponte Appiano) che rappresentava l’ingresso dell’Appia nel territorio Irpino ad Aeclanum che conserva tratti ben visibili dell’originario basolato della Via Appia, fiancheggiato dai resti dei marciapiedi e di alcune botteghe, proseguendo alla scoperta di altri suggestivi borghi come ad es. Gesualdo e Rocca San Felice. Chilometri di strada percorsa per secoli da eserciti, viandanti, commercianti, a piedi, a cavallo, in carrozza che garantiranno un’esperienza unica e indimenticabile.

 

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