Avellino, "Giù dal vivo" allo Zia Lidia

Altro appuntamento con la rassegna cinematografica dello Zia Lidia Social Club. Giovedì 9 maggio alle ore 20:30 al Cinema Partenio, sarà la volta di Giù dal vivo, documentario scritto, diretto e montato da Nazareno Manuel Nicoletti, prodotto da Arci Movie, a cura di Antonio Borrelli, in associazione con Antonella Di Nocera e Parallelo 41 Produzioni.  

Tra case popolari e un centro di salute mentale, si racconta la periferia urbana di Napoli Est senza retorica ma ricorrendo a una esplorazione e restituzione del vero. 

Per la proiezione sarà presente il regista il quale, dopo la visione del film, potrà dialogare con il pubblico e la psicologia Marialaura Marra.

Periferia est di Napoli, paesaggio urbano tra strade ferrate, palazzoni anonimi e l’occhio di un obiettivo che scandaglia vie di fuga che si rivelano limiti, fino ad entrare nel profondo, fino a planare nei perimetri esistenziali di persone ingabbiate nel loro immaginario. 

Il drone non svolge una semplice funzione descrittiva, ma introduce una dimensione poetica. Il regista approfondisce le dinamiche linguistiche del cinema lavorando sulla consonanza di immagini, musiche, voce, alla ricerca di un rapporto che produca senso tra ciò che è in primo piano e ciò che è sullo sfondo.

L’opera di Nazareno Nicoletti (anche sceneggiatore, direttore della fotografia e montatore) esordisce in competizione al Festival Internazionele di Karlovy Vary e viene premiato al festival “Visions du Réel” di Nyon in Svizzera. Musica di Marco Messina e Sasha Ricci. 

Dopo essere stato assistente alla regia di Susanne Bier per “Love is all you need”, Nicoletti frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia dell’Aquila, esordice nel lungo a Locarno nel 2015 con “Moj Brate - Mio Fratello”, e supervisiona i doc di giovani registi (tra cui “DentrOrsa” di Chiara Rigione). 

“Nazareno Manuel Nicoletti usa gli stilemi del cinema di denuncia neorealista e al contempo ci sorprende con una regia quasi fiabesca, pronta a farsi sorprendere senza cupezza da sprazzi di solitaria e irrimediabile desolazione. Perché è solo dopo aver toccato il fondo che si può risalire”. (Mario Turco, Sentieri Selvaggi)